Fluent Design System

Sono passati oramai due anni dell’annuncio di Microsoft del Fluent Design System, un nuovo linguaggio grafico a evoluzione e integrazione dei vari stili che si sono succeduti negli anni come Microsoft Design Language 2, Metro e Windows Aero, e che avrebbe dovuto coinvolgere l’intero ecosistema Microsoft.

Il Fluent Design System si propone come un set di linee guida per tutti i dispositivi e le piattaforme Windows 10 ed è basato sui seguenti punti chiave:

  • Light – Aggiunta di elementi di luce alle applicazioni.
  • Depth – Aggiunta di un’asse z alla UI per effetti come il parallasse; aiuta a stabilire una relazione tra gli elementi della UI.
  • Motion – Aggiunta di animazioni che connettono gli elementi durante la navigazione delle app; aiuta a stabilire una continuità durante il movimento tra pagine e sezioni.
  • Material – Elementi “fisici” dell’UI, come l’effetto acrilico. Stabilisce come la UI reagisce all’interazione dell’utente.
  • Scale – Focus sul lato responsive del design, ossia sul ridimensionamento su schermi di dimensione diversa.

Eppure, ben poco è arrivato su Windows 10, il quale mantiene quella sensazione di collage di sistemi diversi. Troviamo infatti differenti menu contestuali, impostazioni sparpagliate tra il Pannello di controllo e l’app Impostazioni, applicazioni di sistema con un linguaggio totalmente differente che coesistono nel medesimo sistema (pensiamo ad esempio a Esplora file, che ancora rimane ancorato a un design simil-Aero e alle Modern App).

Modello di sviluppo e di business

Viene da chiedersi quindi quanto di questa inconsistenza nel design sia causa dell’incompetenza dei designer Microsoft o della non curanza dell’azienda stessa, e quanto invece sia sintomo inevitabile di un modello di business in qualche modo unico nel suo genere. Come mai Microsoft non riesce a replicare, ad esempio, l’omogeneità grafica di Apple o di Android?

Complessità Hardware

Il primo aspetto fondamentale è sicuramente il vastissimo parco macchine sui cui Windows 10 è installato (parliamo di circa 700 milioni di utenti), il quale vanta non solo un’enorme diversità di configurazioni hardware, ma anche e soprattutto una differenza di scopi e di utilizzi.
Windows 10 non si limita infatti ai classici PC desktop, ma copre dai tablet alle lavagne elettroniche, dai PC aziendali ai POS, dai visori di realtà aumentata ai dispositivi touch e via dicendo.

Non solo, questa moltitudine di configurazioni hardware non è ovviamente sviluppata direttamente da Microsoft, ma da singoli OEM sui quali Microsoft non ha praticamente nessun controllo. Una situazione simile è pertanto difficilmente comparabile con l’ecosistema Apple, il quale si poggia su una ristretta gamma di prodotti e su un controllo più o meno completo sia della fase di sviluppo hardware che software.

Una situazione forse più similare riguarda i dispositivi Android, i quali vantano una simile eterogeneità di hardware e di utilizzi. Tuttavia Google, a differenza di Microsoft, non sviluppa direttamente il software per i vari dispositivi, limitandosi a sviluppare e mantenere una versione “standard” di Android (AOSP), la quale viene poi personalizzata dagli OEM – i quali sono liberi di modificare il design (e non solo) del dispositivo a piacimento creando vari linguaggi grafici (MIUI, EMUI, Oxygen OS…) che più rispecchiano l’utilizzo e la funzione del dispositivo Android.

Microsoft sviluppa invece di suo pugno il software e gli aggiornamenti i quali globalmente vanno a modificare una vastissima gamma di dispositivi. È quini chiaro come non sia certo banale sviluppare un linguaggio visivo adatto per dispositivi touch e non, per tablet, desktop, per PC aziendali, casalinghi, POS e via dicendo.

Windows as a Service

Il secondo punto è il sistema di distribuzione e sviluppo degli aggiornamenti di Windows 10, il quale abbandona il vecchio modello di rilascio (una nuova release a pagamento all’incirca ogni 3-4 anni), in nome di un sistema in continua evoluzione che ogni 6 mesi circa riceve un major update gratuito. Questo ovviamente impedisce una riscrittura radicale del design del sistema, e apre invece le porte ad aggiornamenti, modifiche e smussature graduali.

Ciò non è necessariamente un male, se pensiamo al flop del design di Windows 8, il quale non ha certo ricevuto i favori del pubblico (al di là dell’effettiva bontà del suo linguaggio grafico); un passaggio graduale al nuovo design Metro avrebbe potuto mettere in guardia i designer sulla percezione del loro lavoro da parte degli utenti.

È indubbio tuttavia che uno sviluppo continuo del sistema porti anche a un’incoerenza maggiore e a un prodotto che in qualche modo non è mai “finito”, ma richiede e necessita continue rifiniture. Non vi è più un cambiamento sostanziale apportato con una nuova versione di Windows, bensì piccoli aggiornamenti basati anche e soprattutto sul feedback degli utenti, update che vengono rilasciati spesso per singole applicazioni con tempistiche diverse tramite il Microsoft Store, senza un aggiornamento globale di sistema.

Cambiamenti grafici strutturali erano infatti legittimati dalla possibilità di scelta e dalla rarità dei rilasci (Windows XP, Windows Vista, Windows 7…). Differente situazione per quanto riguarda Windows 10, il quale si trova a non poter imporre all’utenza (e anche a non poter sviluppare, visti i tempi) cambiamenti radicali in poco tempo.

Retrocompatibilità

Il problema della retrocompatibilità da sempre affligge Windows, e non certo solo lato design. Che senso ha tenere due browser (Microsoft Edge e Internet Explorer) contemporaneamente? Che senso hanno Pannello di controllo e Impostazioni?

L’utilizzo di Windows 10 non si limita quello desktop, ma spazia dai professionisti alle aziende dove spesso repentini cambiamenti di applicazioni e design rischiano di essere difficilmente gestibili sia in termini di compatibilità che di formazione di risorse umane.
Soprattutto adesso che, come detto sopra, Windows si presenta non più in differenti versioni ma come un unico servizio. Esistono poi soluzioni e software enterprise che spesso si appoggiano su funzionalità o applicazioni obsolete e che quindi non possono essere rimosse o aggiornate nonostante siano oramai componenti duplicati o antiquati del sistema.

Non dimentichiamoci che il modello di business Microsoft si basa non tanto sull’utente finale quanto sulle aziende, le quali frequentemente fanno uso di applicativi deprecati o di codice obsoleto e che hanno ben poco interesse nei nuovi trend in materia di design. Questo impedisce cambiamenti strutturali da parte di Microsoft, che si trova costretta a supportare e mantenere lati obsoleti del sistema operativo.

Pensiamo banalmente alla pubblica amministrazione italiana, che in larga parte è ancora sviluppata sugli standard di Internet Explorer nonostante questo sia a tutti gli effetti un browser non più supportato.

È difficile quindi pensare a possibili cambiamenti radicali, sia in termini di applicazioni che in termini di design, portando a un sistema che necessariamente risulta incoerente in quanto deve mantenere “pezzi” (spesso duplicati) esclusivamente necessari al fine di mantenere la retrocompatibilità e che inevitabilmente cozzano con il nuovo sistema e il suo linguaggio visivo.
Insomma, sviluppare un sistema operativo funzionale e moderno per una vasta gamma di dispositivi mantenendo intatta il più possibile la retrocompatibilità è una questione, di nuovo, tutt’altro che banale.

Conclusioni

In conclusione vale la pena soffermarsi sulla reazione dell’utenza a ogni tentativo di Microsoft di effettuare un qualsivoglia cambiamento drastico, si pensi al tentativo di eliminare Paint e sostituirlo con Paint 3D, o alla polemica che scatenarono Windows 8 e Windows Vista (al di là degli aspetti funzionali). Non raramente la platea dell’utenza Microsoft si presenta come reticente a cambiamenti radicali che immediatamente vengono percepiti come dispersivi e minacciosi.

Per quanto quindi sia sicuramente riduttivo ridurre l’inconsistenza grafica di Windows 10 alla sola incompetenza del reparto grafico di Microsoft, è altresì vero che vi sono incongruenze difficilmente riconducibili alle motivazioni sopra citate.

Troviamo infatti in Windows 10 quella che può essere definibile come una mancanza di una visione complessiva, che si palesa in un mix che pesca in parte dal design Metro (eredità di Windows 8), ma in parte anche da Windows Aero, figlio di una visione completamente opposta. Insomma, per quanto molto sia riconducibile al modello di business e ai problemi di retrocompatibilità, esiste sicuramente anche una responsabilità di Microsoft alla quale forse è mancata in questi anni una visione grafica globale.

Un esempio concreto sono le nuove Modern App che presentano, come mostrato nella figura sottostante, notevoli discrepanze che non trovano giustificazione alcuna essendo applicazioni appena sviluppate.
Troviamo infatti differenti menu (alle volte in alto, alle volte hamburger menu), il pulsante indietro talvolta sulla barra dei titoli e talvolta al di sotto, la barra dei titoli talvolta trasparente, talvolta con un unico colore e alle volte con lo stesso colore dello sfondo.

In conclusione, per quanto il “problema design” di Windows 10 sia innegabile, e innegabili siano alcune mancanze da parte di Microsoft, possiamo tuttavia considerare la situazione attuale come un accettabile compromesso da parte dell’azienda per supportare autonomamente un parco macchine vastissimo e contemporaneamente evitare tutti i problemi di frammentazione presenti, ad esempio, in Android.
È evidente come enormi passi avanti siano stati fatti (si pensi alle primissime build di Windows 10) e sempre più update (il recente May 2019 Update, il Fall Creators Update) si concentrino ogni volta di più sul design dell’OS, sviluppando un aspetto che, pur non essendo il lato primario di un sistema operativo, rimane tuttavia tutt’altro che trascurabile.

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Articolo di Windows Blog Italia